Da giugno a ottobre 2021, al Filatoio Rosso di Caraglio Letizia Cariello porta, in una mostra personale a cura di Olga Gambari, alcune opere che ne racconteranno il percorso degli ultimi anni, insieme a creazioni site specific, con una declinazione che si collega al tempo presente e al luogo specifico della mostra, così come a questo momento che condivide l’esperienza di un’esperienza pandemica globale, sia pratica sia psicologica.
Come scrive la curatrice Olga Gabari, gli spazi del Filatoio Rosso di Caraglio sono un naturale scenario e interlocutore per Letizia Cariello, che, con la sua personale, ne celebra la riapertura. Da anni, l’artista lavora con la pratica del ricamo e della tessitura, del filo inteso come una linea continua ideale, un fare che cuce, unisce, riflette, attraversa il tempo, si collega a una dimensione intima, e anche archetipa, e insieme a una collettiva, comunitaria.
Al riguardo, riferimento e monumento è un’installazione costituita da due vecchie grate di finestre, Cancello, che durante il primo lockdown l’artista ha recuperato da una cascina nella zona di Casale Monferrato, trasformandole in telai in divenire per una tessitura continua, che l’ha immersa in un ascolto intimo del tempo in corso e di una condizione che ha accomunato il pianeta.
I temi del legame intimo e profondo con le materie più sottili e invisibili che compenetrano e circondano completamente il corpo fisico e l’esistenza, cioè la sua matrice eterica energetica, così come il tema del tempo e quello del confine, del limite sono centrali nella personale di Letizia Cariello al Filatoio. Temi che già fanno parte della ricerca spontanea dell’artista ma che sono particolarmente rafforzati dal luogo stesso e dalla sua storia, così come dal suo territorio.
Un genius loci che svilupperà un dialogo nelle sale attraverso cui si snoda il percorso espositivo della mostra. Ne è un esempio il video che dà il titolo alla mostra stessa e che conclude il percorso espositivo: Il tuo cielo è verde. È la ripresa di un campo di grano ancora verde, attorno a Casale Monferrato, luogo familiare dell’artista, dove l’ha visto crescere durante il lockdown, ogni giorno nelle sue passeggiate. Un mare verdissimo che un pomeriggio si è animato mosso da una folata di vento. Il video evoca anche il territorio che si apriva attorno al Filatoio, luogo di limite e controllo per coloro che vi lavoravano, dentro e fuori le mura. Una costrizione imposta sia alle donne operaie, che venivano controllate perché non portassero fuori bachi e tessuti, mantenendo segreto e speciale il prodotto della lavorazione della seta, sia ai contadini che coltivavano le terre. Il Filatoio stesso ha una struttura a fortino, con mura e torrette di controllo, che ben esprime il tipo di rapporto e di clima che vigeva all’interno dei suoi spazi e della sua organizzazione umana e lavorativa.
Questo tema del confine, del limite, l’affinità che si crea nella pratica stessa del ricamo, in quei gesti delicati e faticosi che accomunano tutte le donne che sono passate nel Filatoio e Letizia, sembra poi ricamare insieme le altre opere, da un punto di vista estetico e semantico. Un canto per stanze che rende il corpus espositivo un’unica, organica installazione.
Alcuni Gate e Calendari dalle diverse sagome geometriche danno presenza e consapevolezza visiva dei molti tempi che compongono l’idea di tempo. Tempi plurali, relatività del tempo soggettiva e contingente. Un tempo circolare che si muove, che gira, mosso per suggestione davanti agli occhi dello spettatore dai Calendari, che sono tondi ipnotici, calendari che s/corrono attraverso i loro giornisettimanemesianni. Un tempo che torna, infinito, perché nulla si crea nulla si distrugge. Un tempo attraverso cui si viaggia, mediante Gate, porte visionarie e spirituali tra dimensioni parallele e compresenti, in cui la memoria è il presente e un progetto futuro. E si viaggia anche attraverso i Velluti (realizzati con i preziosi tessuti dell’illustre azienda veneziana Rubelli), puri monocromi di pittura astratta, opere vive per la loro superficie mobile, sensibile al gesto, che ne cambia la superficie, l’estetica, la percezione ottica, come opere di arte cinetica. Soglie anche loro, materia permeabile e assorbente, che ha la cangianza del pensiero. L’artista vede in loro una perfetta metafora di quelle porte interiori che le lavoratrici del Filatoio trovavano dentro sé stesse, proprio in questi colori puri che si fanno aperture, vie di fuga per l’immaginazione, per evadere dai limiti del Filatoio, anche attraverso l’irrazionalità della percezione. Velluti che formeranno una vera e propria quadreria insieme alle Fotografie Ricamate, un’altra serie di lavori accomunati dalle medesime strutture a cornice in legno naturale che le accolgono, dove la realtà è estratta dal mondo nei suoi dettagli e fissata attraverso punti di ricamo rossi. Come piccole creature, si muovono in marcia attraverso le sale della mostra coppie di Fratellini e Sorelline|Red thread, porcellane e ceramiche, oggetti che arrivano dal passato (molti appartengono alle collezioni del Filatoio e del Museo della Ceramica di Mondovì), spesso orfani, detentori nel loro corpo fisico di tracce di memoria, custodi. Sono legati a coppie da tessiture di filo rosso. Sono un popolo in miniatura, un’umanità riflessa, di nuovo al di là del tempo e dello spazio. Una moltitudine liquida e irregolare di presenze di passaggio, in transito, dove tutti si mescolano, senza differenze di genere, categorie, ceti, geografie. Siamo noi.
Ancora un altro tema, la bellezza, è il cuore dell’installazione dal titolo Thinkerbell, una monumentale gabbia d’oro, che vivrà nel secondo cortile del Filatoio, oggetto magico ed enigmatico, da cui proviene una musica (l’Aria iniziale delle Variazioni Goldberg di Bach). Un brano eseguito dalla pianista Gile Bae, che darà anche vita a una performance speciale domenica 12 settembre.
La musicista eseguirà un brano, traducendo in suono l’idea di architettura, racchiusa in questa voliera trasformata dall’artista in telaio e ricamo, scultura e installazione insieme. Forte è il legame di Cariello con l’architettura, nelle sue geometrie e volumi che diventano telai, gate, calendari e velluti, che si aprono come porte percettive, in astrazioni liriche evocative di un altrove immateriale.
Nella performance si declina ancora un’altra sfumatura del concetto di limite e di confine, suggerendo come la bellezza possa incarnare appieno questa condizione, trasformandosi in una gabbia. All’interno di un’architettura liberty in alluminio dorato, tessuta di filo rosso, una donna bellissima, suona al pianoforte una musica incantevole, creando un’immagine suggestiva e straniante da contemplare. Quest’immagine di bellezza, apparentemente innocua, è però attraversata da un brivido perturbante, incrinata dal doppio significato della rappresentazione: una persona in una gabbia, prigioniera di una situazione che appare e genera bellezza. Una contraddizione in termini. Eppure lei, il soggetto principale, è in cattività. Una cattività sottile, crudele, ambigua soprattutto. Come può la bellezza imprigionare? Questa, è una riflessione fondamentale per il nostro tempo, che cerca la bellezza ideale, la impone, la rende spesso un’utopia irraggiungibile, qualcosa di extraumano che condanna l’esistenza, delle donne soprattutto, a una tensione e a un’insoddisfazione continua e insanabile, che consuma il presente e la vita.
Della performance di Gile Bae rimarrà la musica, che diventerà parte integrante dell’installazione, realizzata, in collaborazione con la Galleria Massimo Minini, da Om Project di Torino. Il progetto si avvale anche del supporto e della collaborazione di GSE nella realizzazione di un catalogo in via di realizzazione.
Olga Gambari
È curatrice indipendente, critica d’arte e giornalista. Collabora dal 1996 con il quotidiano La Repubblica e ha collaborato per quindici anni con la rivista Flash Art. È stata direttrice responsabile del progetto editoriale artesera.it. Dal 2013 per tre edizioni è stata direttrice artistica della fiera di The Others Art Fair. Dal 2015 è direttrice artistica del network internazionale di arte indipendente NESXT. Ha sviluppato decine di progetti curatoriali per spazi privati e per pubbliche istituzioni. È docente allo IED- Istituto Europeo di Design. È direttrice artistica di Paratissima.
Ha lavorato con molti giovani artisti così come con nomi storici, italiani e internazionali. Al centro della sua ricerca e della sua progettualità l’idea dell’arte come luogo di sperimentazione multidisciplinare, laboratorio di pratiche e spazio pubblico.
Il tuo cielo è verde
personale di Letizia Cariello al Filatoio Rosso di Caraglio
a cura di Olga Gambari
11 giugno – 10 ottobre 2021
Orari di apertura: sabato 14.30 | 19.00; domenica e festivi 10.00 | 19.00
Dal 7 al 22 agosto, gli orari di apertura saranno ampliati e la mostra sarà visitabile dal martedì al sabato dalle 14.30 alle 19.00 e la domenica dalle 10.00 alle 19.00
Biglietto di ingresso: Intero € 7,00, Ridotto € 5,00
Biglietto cumulativo Museo+Mostra: Intero € 12,00 Ridotto € 7,00
Per info e prenotazione:
E-mail info@fondazionefilatoio.it
Telefono 0171 610258
www.filatoiocaraglio.it