Dall’11 marzo al 15 maggio 2025, la BABS Art Gallery ospiterà la mostra personale di LETIA – Letizia Cariello “SCULTURE PORTATILI” , un’esposizione esclusiva che celebra la fusione tra arte, storia e simbolismo.
LETIA – Letizia Cariello svelerà opere uniche limited edition in cui il tempo e lo spazio si manifestano attraverso forme e materiali. Sculture, portatili e non, in cui la dimensione diviene solo un dettaglio. Corone da Re per Regine, collane, chocker, ed anelli in porcellana e oro, incisi con calendari e uniti da fili destinati ad intrecciarsi sui corpi, si configurano come architetture intime che dialogano con il corpo, circondate da ventagli di acciaio lucido, sassi di marmo su cuscini di velluto in una unica installazione con fotografie e solidi che rimpiazza i tradizionali “allestimenti”.
Sono creazioni fuori da qualsiasi pensiero di moda o accessorio, pensate riflettendo sul senso dell’architettura, dello spazio e del corpo. Declinano in piccolo ed in grande il senso degli oggetti portatili e portabili in un’atmosfera ispirata al mondo del Medioevo; eppure, con un forte accento di futuro i pezzi che saranno svelati al pubblico il prossimo 11 marzo, in un evento che celebra una ritrovata integrazione dei gioielli nella cornice dell’Architettura e della scultura.
Tra le creazioni, si annoverano l’anello Meridiana, la collana Teodora e il chocker Equatore, e perfino una Tiara e una borsetta di cotta di maglia. Opere in edizione limitata che rievocano l’astrazione medievale e la sacralità dell’architettura bizantina, in un percorso artistico che esplora la dimensione simbolica del tempo e dello spazio.
La mostra è accompagnata dal saggio critico Sculture assolute come cattedrali di Francesca Molteni, curatrice, regista e autrice di film e documentari:
Le pietre risuonano, i ventagli conservano una memoria, le sculture si indossano. Nel mondo di LETIA – Letizia Cariello tutto è diverso da come sembra, le letture possibili si stratificano in una ricerca del senso, dell’essere e del sentire mai univoca, sempre aperta. È una ricerca primaria, che parte dalle origini – spazio, tempo, movimento – per mettere in discussione il reale, guardare dentro la materia sensibile, e prendere lo slancio per ritrovare la radice spirituale dell’arte. Come sostiene Wassily Kandinsky ne “Lo Spirituale nell’arte”, pubblicato nel 1911, c’è una conoscenza della realtà in sé che si manifesta attraverso la pratica artistica, è una liberazione dalle limitazioni spazio-temporali e dell’individualità, verso il luogo dello spirito. L’artista ha perciò un compito specificamente etico: deve avere un contenuto da esprimere ed essere in grado di adattarlo a una forma sensibile.
Che cos’è lo spazio? Che cos’è il corpo? Che cos’è la forma? Si chiede Letizia con le sue creazioni. “Oriente e Occidente avevano in comune il linguaggio segreto della geometria che non è contro la figurazione, come si crede, ma è preliminare allo spazio. Lo Spazio interiore è tutto geometria, è un disegnare astratto che ha i suoi codici”, racconta Letizia. Nelle sculture portatili, che qui presenta per la prima volta, i codici provengono dal mondo bizantino e dall’impianto dell’architettura gotica – le abbazie francesi, le croci longobarde, le colonne slanciate verso l’alto, le corone incise nella pietra sulle facciate delle cattedrali – “un impreciso che però è raffinatissimo, non è l’astratto Less ismore, ma arriva alla purezza, è un gesto che in qualche modo potrebbe anche sembrare sbagliato ma è assoluto, è la loro architettura”, continua. La cattedrale gotica mira, infatti, come la Summa della scolastica, a costituire una totalità: non però una totalità semplice, bensì un’unità articolata, organizzata “secondo un sistema di parti omologhe e parti di parti”, scrive Erwin Panofsky in Architettura gotica e filosofia scolastica.
Così Letizia costruisce le sue opere come un’unità articolata. Le sculture in movimento, portatili, rievocano armature di cavalieri medievali, che viaggiano traportando i loro tesori, la casa, il mondo addosso, in sella. Un medioevo fantastico, dove spazio e corpo sono ancora uniti in modo armonico, spazio interiore e spazio abitato coincidono. “Questi lavori non sono uno sconfinamento, è ancora il numero la misura di tutto, il modulo. Indossando queste sculture inglobiamo qualcosa che è distante da noi, la misura del nostro corpo, il corpo come Architettura e l’Architettura per il corpo, tutto unito insieme” prosegue. Letizia disegna, l’orafo realizza secondo il ritmo del suo pensiero, il gesto è la trama: Meridiana è l’anello, Equatore il chocker, Teodora la collana, Meryem “una corona da Re destinata ad una Donna”, composti da pastiglie in porcellana con un calendario inciso e inchiostrato a china, incassati in strutture geometriche a stella o come placche. “Acciaio rosso bianco numeri e cuciture si ripetono seguendo una linea di imprecisa precisone ispirata all’astrazione medioevale, intesa come momento di perfetta sintonia fra la geometria il pensiero, la costruzione di spazi dove collocare i corpi”, prosegue. “Le opere rappresentano una possibilità di strutturare il corpo come casa, dotata di colonne finestre oculi. Nessuna metafora della protesi, piuttosto quella del sigillo che ne segna l’identità”. Sculture come sigilli, marchi che incorporano isegni distintivi della persona che li ha scelti, matrici di senso. I riferimenti attraversano il tempo e lo ricuciono.
Tracce di altre raffigurazioni e simboli si ritrovano nella sequenza iconografica Tutti i miei contenitori delle vite parallele, che accompagna le opere ed evoca figure femminili ieratiche, tra storia e mitologia: Teodora imperatrice, Cecilia di York, Bia di Cosimo de’ Medici, la donna di Atlantide e le Valchirie, sante e regine, ma anche la Medea di Maria Callas secondo Pasolini. Un coro che accompagna e amplifica i rimandi, come in Barry Lindon, il film di Stanley Kubrick, scene e costumi derivano da quadri, stampe e disegni d’epoca settecentesca. Sculture non portatili incorniciano la mostra e rimandano alla ricerca di Letizia – sassi di marmo levigato e lucidato a mano con scrittura a inchiostro, ventagli in acciaio con pietre calendario, e un affresco di rombi realizzato sulla parete della galleria, site-specific. Un’unità da cattedrale. Per tornare a Panofsky, laripetizione gotica non si genera per addizione, ma per moltiplicazione, è un crescendo che riproduce una melodia infinita, enigmatica, che ha i caratteri del labirinto: “In questo movimento senza fine tutti i punti hanno lo stesso valore, e, insieme, sono senza valore di fronte al movimento che riproducono”.
C’è, allora, un disegno che raffigura un percorso segreto nelle sculture portatili di Letizia Cariello, come in un labirinto, tra natura e geometria. È un invito a decifrarne il ritmo e a decodificarne i segnali. L’architettura delle cattedrali gotiche, ogivali e puntute, tese verso il cielo, si è fatta corpo,è diventata icona, figura ieratica, scultura. Colonna, tempio, corona. Bisanzio, Teodora, Rennes. Alla ricerca di un modulo compositivo e interiore che riunisca tempo e spazio, Oriente e Occidente in una nuova unità.